La Santa Croce del Cristo

15 settembre 2019

Si è celebrata ieri 14 settembre la festa "dell'Esaltazione della S. Croce",  in memoria delle parole profetiche di Gesù Cristo: « Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me » (Gv,12, 32) e « quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo allora saprete che io sono » (Gv 18, 28).  La solennità ricorda l'opera dell'imperatore Eraclio del riportare il Santo Legno nel luogo da dove Cosroe, quattordici anni prima, lo aveva asportato.

Nel 614 il re dei Persiani Cosroe II, approfittando della dissoluzione dell'impero, mosse guerra ai Romani, col futile pretesto di vendicare l'imperatore Maurizio. Ma la sua ambizione era di sfogare il suo odio contro i cristiani. Depredò la Mesopotamia, occupò successivamente le città di Edessa, Cesarea, Damasco e Gerusalemme e dopo aver fatto il solito bottino, abbandonò la Città Santa al saccheggio. Tra i tesori rapiti si trovava quello della Croce del Redentore che S. Elena aveva lasciata come pegno prezioso nella basilica del S. Sepolcro.

Infatti fu Sant'Elena, madre dell'Imperatore Costantino, che a Gerusalemme nel 327 in un luogo non molto lontano dal Calvario a rinvenire la Santa Croce. Dopo la morte di Gesù gli ebrei, temendo che i discepoli volessero recuperare le reliquie, si affrettarono a far scomparire qualsiasi oggetto coinvolto nella crocifissione e gettarono in un buco nel terreno sul Golgota la croce di Gesù e quelle dei due ladroni. Arrivando in Terra Santa 300 anni dopo, l’imperatrice finì per ritrovare le tre croci, ma quale delle tre apparteneva al Signore? Per scoprirlo, il vescovo di Gerusalemme ebbe un’idea: fece toccare a una donna afflitta da un male incurabile i pezzi di legno, e questa dopo averne toccato uno guarì immediatamente. Elena non ebbe alcun dubbio: aveva trovato la Croce di Gesù, e quindi ordinò immediatamente che venisse costruita una chiesa sul luogo del ritrovamento, che chiamò chiesa della Resurrezione; poi ripartì per Roma. Secondo la tradizione cristiana, la reliquia venne preservata fino al 614, depredata come detto dal re persiano Cosroe II.

Attualmente, si ritiene che la Vera Croce di Gesù sia stata frammentata e sia giunta in molti luoghi del mondo, tra cui anche a Roma nel Rione Esquilino presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.  La Basilica in origine era una residenza di proprietà di Sant'Elena e subì molte modifiche fra cui la costruzione di una cappella atta a contenere le reliquie della Croce, rinvenute dalla sovrana sul Monte Calvario. Tale cappella divenne poi il nucleo dell’attuale basilica di S. Croce, per questo chiamata in origine “Basilica Eleniana”.

L’uso liturgico che vuole la Croce presso l’altare quando si celebra la Messa, rappresenta un richiamo alla figura biblica del serpente di rame che Mosè innalzò nel deserto durante l'Esodo: guardandolo gli Ebrei, morsicati dai serpenti erano guariti (Nm 21, 4-9). E richiama alla profezia di Zaccaria, quando scrive: «Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto » (Zc 12,10).


Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo (Damasco 660 circa – Lesbo 740).
Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. E' tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. E' in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.
Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato.
E' dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. E' preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo.
La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito» (Gv 13, 31-32).
E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17, 5). E ancor: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo.