Chiampo e il beato fra Claudio Granzotto

17 dicembre 2016

“Ma come? Non siete mai stati a Chiampo?” Così è rimasto stupito p. Adriano, attuale vice Commissario di Terra Santa.

Allora domenica 5 dicembre è stata l’occasione propizia, nonostante l’incontro dei Pellegrini di Terra Santa fosse stato rinviato. Ci siamo comunque voluti recare a Chiampo anche se i tempi erano un po’ stretti, e abbiamo chiesto a fra Adriano di accompagnarci e farci da “cicerone”, rispolverando i suoi trascorsi di “fratino”.

Una prima visita è stata fatta alla Pieve di Santa Maria Assunta e San Martino. Era un’antica chiesetta, sorta prima dell’anno mille, da dove ebbe inizio l’evangelizzazione della Val di Chiampo. Fu abbattuta verso il 1240 e quasi subito ricostruita e ampliata. Restaurata tra il 1640-1650; quella attuale risale al 1962.

Ci siamo poi recati alla Chiesa del beato fra Claudio. Chi l’ha vista ha avuto modo di apprezzarne la bellezza della struttura moderna, in cui prevale il dinamismo dei ritratti a mosaico e la loro luminosità, che è esaltata da un bellissimo pavimento veneziano.
Il tabernacolo all’interno è realizzato a forma di torre eucaristica a significare che “il corpo di Cristo è la Chiesa”. Al centro del presbiterio vi è l’immagine del Cristo Risorto. Gli altri mosaici rappresentano le figure di un angelo (accanto al tabernacolo a testimoniare la presenza di Dio), di San Francesco e Santa Chiara, il tema della moltiplicazioni dei pani e l’immagine della Veronica che presenta al beato fra Claudio il volto di Cristo impresso sul telo e lui gli attrezzi del suo mestiere.
Il progetto è dell’architetto francescano p. Angelo Polesello e dell’ingegnere Ferruccio Zecchin. Sviluppa l’idea di una conchiglia, a memoria di questa valle ricca di antichi fossili.

Ultima meta la bellissima Grotta di Lourdes. Nata dalla volontà dei Frati Minori per rappresentare a Chiampo l’ambiente e il messaggio di Lourdes. Edificata in cemento e ferro nel 1935, è copia fedele di quella dei Pirenei in Francia.

Anche la statua dell’Immacolata fu scolpita dal Beato fra Claudio, che infuse nel marmo la sua profonda venerazione alla Vergine.

Impressionante è il realismo dell’opera che ai nostri occhi profani sembrava proprio una montagna scavata… poi p. Adriano ha svelato la tecnica realizzativa usata da fra Claudio raccontando alcuni aneddoti inerenti.
Avvicinandosi alla grotta sembra di essere accolti da un immenso abbraccio rappresentato dalle due ali attorno alla statua dell’Immacolata Concezione: la grotta sembra espandersi per accogliere tutti tra le braccia di Maria.

Durante la costruzione della Grotta, di fronte a difficoltà insormontabili, Fra Claudio profetizzò: Questa grotta diventerà un luogo di preghiera e qui verrà tanta gente”.

Ai piedi della Grotta si trova la sua tomba. Luogo di grandissima devozione dove ci si ferma a parlare con il beato per sperimentare la sua promessa: “Dal cielo aiuterò e consolerò tutti“.

Sulla destra del viale di cipressi che porta alla Grotta, è stata realizzata una monumentale Via Crucis, inserita in un incantevole parco botanico. E il percorso si conclude con la copia del Santo Sepolcro, in un collegamento ideale con Gerusalemme.

La nostra “gita” è proseguita con la visita ai musei: in uno di questi sono esposte le bozze in gesso usate da fra Claudio per preparare gli originali marmorei; in un altro vi è una esposizione dei ritrovamenti fossili avvenuti nella valle di Chiampo e nelle zone limitrofe, oltre a un reparto dedicato agli strumenti musicali e un altro ad animali impagliati.

Ma fra Claudio è stato artista diventato frate o frate scopertosi artista?
Questa domanda mi è frullata per la testa e p. Adriano ha soddisfatto la mia curiosità avvallando la prima ipotesi. Ma la domanda non era proprio buttata là...

Dell’opera del beato fra Claudio mi ha impressionato certamente la cura nella realizzazione delle sue opere ma soprattutto la capacità di condensare in un blocco marmoreo tanti sentimenti: di attesa, di contemplazione e poi realizzazione, come se in ogni opera si potesse scorgere tutto il percorso dinamico che porta uno scultore a realizzarla.
Nell’opera di fra Claudio si riesce a percepire anche la preghiera e la meditazione esercitate per realizzare tutte le varie opere.
Da questo sentimento è sorta la domanda e, per quanto detto, la seconda ipotesi è più affascinante. Dell’opera di fra Claudio sono rimasto colpito della spiritualità che accompagna la mano dell’artista nella sua realizzazione, dando un tocco definito, che è preghiera esso stesso.

Il pomeriggio già breve per il repentino imbrunire è volato… ma l’esperienza va ripetuta al più presto.

Alberto e Alessia

VITA DEL BEATO FRA’ CLAUDIO GRANZOTTO

NELLA PRIMA METÀ DEL XX SECOLO

Riccardo Granzotto nasce il 23 agosto 1900 a S. Lucia di Piave (Treviso), diocesi di Vittorio Veneto, da Antonio e da Giovanna Scottà, alle ore 23.30, nella casa in via Granza, n° 143. Gli viene dato il nome di Riccardo Vittorio. Battezzato il 2 settembre successivo nella chiesa parrocchiale di S. Lucia di Piave.

Nel pomeriggio del 1° novembre 1917, a causa della ritirata di Caporetto, sotto la pressione degli austro-ungarici Riccardo con il fratello Antonio e un’altra trentina di giovanissimi, per il bando Cadorna, deve abbandonare il paese. Si ritrova con i mobilitati di altri paesi a Treviso, nella chiesa di san Nicolò, dove vengono divisi in squadre di sessantanove persone ognuna.

Verrà congedato il 18 ottobre 1921. Riccardo si iscrive alla scuola serale d’arte e mestieri di Conegliano (1921-1922), ove insegna lscultore in legno prof. Vittorio Celotti: due ore di lezione ogni sera. La copia a olio «VIII STAZIONE DELLA VIA CRUCIS » ottiene a Riccardo il primo lusinghiero riconoscimento artistico da parte dell’arch. prof. Domenico Rupolo: «Questo giovane ha mano di scultore; se l’intelletto seguirà la mano, sarà artista. Però bisogna che faccia l’Accademia ». Dal 1925 al 1929 frequenta regolarmente la scuola di scultura dell’Accademia di belle arti.

 

FRATE MINORE

VOCAZIONE

Studente ancora all’Accademia, l’arte di Riccardo è apprezzata. In particolare la scultura «L’anima e la sua veste» (1927), la famosa acquasantiera (1928) con il demonio costretto a sostenere la pila dell’acquasanta e sopra una Madonna in bronzo, opera che viene richiesta per riproduzioni in altre chiese.

Neodiplomato in scultura all’Accademia di Venezia, vince nel 1929 il concorso indetto dalla provincia di Treviso per una statua destinata al foro Mussolini a Roma con la « Volata », un atleta lanciatore di palla, scolpito da Riccardo in perfetto stile classico. La vicenda si concluderà con un epilogo amaro.

Il bello e il bene sono un tutt’uno per lui. Medita, soffre, prega. Si iscrive nell’ottobre 1929 tra gli adoratori, come socio ordinario, nella regalità di Cristo. Trascorre notti intere dinanzi al Santissimo. Si sente sempre più orientato verso una scelta radicale di vita, quella consacrata in qualche ordine religioso, lontano dal mondo e dalla sua mentalità.

La prima sua preferenza vocazionale è per i benedettini. Ma all’aspirante Granzotto Riccardo, facendosi benedettino, non viene assicurato l’esercizio dell’arte, come aveva chiesto.

La produzione artistica, intanto, non subisce soste: nel 1931 scolpisce i due leoni (cm 174 x 35) del protiro per l’arcipretale di S. Lucia di Piave: uno difende il vangelo, l’altro schiaccia il serpente dell’eresia.

Nel marzo 1932 la svolta definitiva nella vita del prof. Riccardo Granzotto. Il p. Amadio Oliviero predica la quaresima a S. Lucia, incontra per la prima volta il giovane artista. Viene a conoscere che aspira alla vita religiosa. Lo invita a visitare il convento di S. Francesco a Vittorio Veneto e a farsi francescano. Riccardo accetta di visitare il convento, come pure accetta di ritornare una o due volte al mese per dar lezione di disegno e di pittura a due chierici. Per il resto ci penserà.

Riccardo chiede «se facendomi frate francescano, potrò coltivare la mia arte che amo tanto». p. Tito Castagna risponde: «Ecco caro professore, quando s’è fatta l’obbedienza, i superiori permetteranno senza dubbio che uno scultore continui la sua arte facendo qualche statua della Madonna, di san Francesco, di san Antonio, ecc; ma prima l’obbedienza».

Il 7 dicembre 1933, a S. Francesco del Deserto, nella cappella dell’Immacolata, è ammesso alla vestizione dell’abito francescano.

Dopo 4 mesi Riccardo deve lasciare il Deserto. Il p. Ippolito Guggia guardiano del convento della Pieve a Chiampo, ottiene che Riccardo si rechi a Chiampo a sovrintendere ai lavori per la costruzione della grotta di Lourdes, lavori che lo impegneranno sino alla fine di settembre del 1935.

È indispensabile, tuttavia, per una buona riuscita della grotta che il Granzotto si rechi a Lourdes. Il 22 maggio 1934 parte per Lourdes con il treno-ammalati.

Inaugurata la grotta, il 29 settembre 1935, Riccardo fa ritorno al Deserto per iniziare l’anno canonico del noviziato.

Il 7 dicembre 1935, p. Stefano Rana, delegato del ministro provinciale e maestro dei novizi laici, ammette al noviziato, come fratello laico, Riccardo Granzotto, imponendogli il nome di fra Claudio.

 

PROFESSIONE RELIGIOSA

Il 16 novembre 1936, al termine dell’anno di noviziato, fra Claudio fa domanda scritta al ministro provinciale di essere ammesso alla professione religiosa dei voti temporanei. La emetterà l’8 dicembre 1936, alle ore 8.15, assieme a fr. Martino Zan, David Corbanese e Mario Donà, nelle mani del p. Camillo Nervo

Subito dopo Natale fra Claudio giunge al convento di S. Francesco in Vittorio Veneto (Treviso), a disposizione del ministro provinciale fino alla morte.

 

ASSUNZIONE DI MARIA DEL 15 AGOSTO 1947

È assai deperito, barcollante nei movimenti. Il 3 agosto 1947 viene condotto all’ospedale di Arzignano. Sottoposto ad un accurato esame, il dr. Thiene diagnostica: fra Claudio è affetto da un tumore al cervello. Si consiglia l’immediato ricovero a Padova, dove giunge il 6 agosto 1947. Visitato dal prof. Giambattista Belloni, specialista di malattie nervose e mentali, viene diagnosticato un « tumore cerebrale temporale destro».

Non essendovi posti letto liberi in clinica fra Claudio viene ospitato per due giorni nel convento di S. Francesco Grande in Padova. La mattina dell’8 agosto 1947 è ricoverato nella clinica neurochirurgica della quale è primario il prof. Belloni. Il 14 riceve l’unzione degli infermi e l’assoluzione gene­rale in preparazione della festa dell’Assunta. Muore alle ore 1.43 del 15 agosto, solennità dell’Assunzione di Maria al cielo, come da lui previsto anni prima.

*tratto da: "Gli Scritti" Claudio Granzotto, edizione critica integrale a cura di Fabio Longo ofm, ed. LIEF, Vicenza 2002