Il Papa nella culla mesopotamica

07 marzo 2021

Il viaggio del Papa è un ritorno nell’antica Mesopotamia, culla della civiltà dove di trovano le più antiche città conosciute, culla delle religioni monoteiste… Luogo ove si susseguirono grandi regni ma anche teatro di cruenti battaglie e lunghe guerre, fino ai giorni nostri… Najaf, città irachena circa 160 km a sud di Baghdad; è una delle città più sacre dell'Islam sciita - Ur dei Caldei, vicino a Nassirya, dove secondo la tradizione venne edificata la casa di Abramo, il patriarca che unisce i destini di Ebrei, Cristiani e Musulmani. Vi si trova ancora la Ziggurat, l’antica torre, tempio dei Sumeri: una delle più grandi al mondo - Erbil o Arbil, storicamente Arbela, è una città curda dell'Iraq, capoluogo della regione del Curdistan iracheno - Mosul, il nome che diedero gli Arabi musulmani all'antica Ninive, la capitale dell'impero assiro. Il sito di Ninive si trova sulla sponda orientale del fiume Tigri, mentre Mosul è sorta sulla sponda occidentale.

Un breve resoconto di alcuni discorsi di Papa Francesco nel suo 33° viaggio apostolico...

Al suo arrivo a Baghdad, Papa Francesco ha scelto di incontrare vescovi, religiosi e catechisti nella Cattedrale di Sayidat al-Nejat (Nostra Signora della Salvezza), teatro di due sanguinosi attacchi terroristici: 'Siamo riuniti in questa Cattedrale di Nostra Signora della Salvezza, benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa. Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita. Il cristiano infatti è chiamato a testimoniare l'amore di Cristo ovunque e in ogni tempo. Questo è il Vangelo da proclamare e incarnare anche in questo amato Paese'.

Oggi sarà a Erbil, Mosul e Qaraqosh, le altre tre città irachene che il Papa toccherà in questa terza giornata di viaggio nel Paese del Golfo. A Mosul, tra le macerie della guerra: 'Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle', ha detto il Papa. 'Un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare l'insieme'.

Poi Qaraqosh, teatro di devastazione da parte del sedicente Stato islamico: il benvenuto al Papa, la "roccia della nostra fede", a Baghdeda, “regina della speranza”, così i cristiani preferiscono chiamare Qaraqosh, è riassunta sui manifesti appesi ovunque per le strade. Su uno di questi si legge: "Il sangue dei martiri di Qaraqosh, sparso per generare la vita, è stato coronato dalla visita del Papa".

Nella terra di Abramo dove, secondo la tradizione, il «Patriarca di molti» parlò per la prima volta con Dio, così si è espresso Papa Francesco rivolgendosi a rappresentanti sunniti, sciiti, yazidi: 'Questo luogo benedetto ci riporta alle origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni. In questa piazza, davanti alla dimora di Abramo, nostro padre, sembra di tornare a casa. Qui egli sentì la chiamata di Dio, da qui partì per un viaggio che avrebbe cambiato la storia. Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio. Dio chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle. In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi'.

'Non ci sarà pace finché gli altri non saranno un “noi” - ha continuato il Papa - la via che il Cielo indica al nostro cammino è la via della pace e ha ricordato tutte le ferite di questa terra, le sofferenze delle comunità perseguitate, in particolare degli yazidi. Da questo luogo sorgivo di fede, dalla terra del nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio!'.

E poi le parole della responsabilità da assumersi: 'Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace. Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi. Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti! Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide il nostro padre Abramo, le stelle della promessa'.